La profezia di Balaam nell’Antico Testamento così annuncia la venuta del Messia: «Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set».
La stella dunque viene citata nelle antiche profezie come manifestazione visibile del divino ma mai è descritta come una cometa dotata di coda luminosa. La stella presente nelle sacre rappresentazioni della Natività è sempre stata una “semplice stella” anche se un po’ più grande e più luminosa della altre. Così la dipinge anche Bartolo di Fredi a San Gimignano nella chiesa di Sant’Agostino fra il 1374 e il 1375 in un affresco posto in controfacciata.
Fu Giotto fra il 1303 e il 1305 ad inserire per la prima volta una cometa con tanto di scia luminosa nell’Adorazione dei Magi della Cappella degli Scrovegni a Padova in una scena dedicata all’Adorazione dei Magi. Una raffigurazione quasi “naturalistica” tanto da far supporre ad alcuni studiosi che Giotto avesse osservato e dipinto la cometa periodica di Halley che, secondo calcoli astronomici e testimonianze, sarebbe stata visibile il 25 ottobre del 1301.
Altri invece ritengono impossibile che si potesse vedere la cometa così dettagliatamente ad occhio nudo come l’ha dipinta Giotto e che quindi il pittore si sarebbe ispirato alla descrizione della stella presente nel Vangelo di Matteo: «Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo” (…) Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia» (Matteo 2, 1-12).